In tal senso si possono distinguere (Tabella 1):
Riguardo la diversa localizzazione delle lesioni muscolari, che sono definite dirette ed indirette, si deve precisare che, pur nella varietà delle sedi muscolari interessate, l’azione contusiva si esplica, di fatto, preferibilmente sulle masse carnose dei muscoli. Per contro, nelle modalità traumatiche indirette, la via lesiva si estrinseca più spesso in prossimità della giunzione muscolo-tendinea, pur essendo possibili anche localizzazioni a livello del ventre muscolare. In ogni caso, la conseguenza anatomo-patologica dei traumi muscolari, tranne che per la contrattura e lo stiramento, è rappresentata sempre da un danno anatomico della fibra muscolare, con frequente coinvolgimento della parte connettivale ed eventualmente tendinea e delle strutture vascolari. La diversità delle espressioni anatomo-patologiche e cliniche è data, quindi, dall’entità del danno strutturale prodotto dal trauma.
Lesioni da trauma diretto (contusione) |
– grado lieve |
– grado moderato |
– grado severo |
Lesioni da trauma indiretto |
– contrattura |
– stiramento |
– strappo |
– strappo di primo grado |
– strappo di secondo grado |
– strappo di terzo grado (rottura parziale o totale) |
Tabella 1. Classificazione delle lesioni muscolari.
1. lesione muscolare da esercizio fisico (dolore muscolare ritardato) |
2. strappo, di cui riconosce tre gradi (I,II,III): |
I^ grado (lieve): |
– danno strutturale minimo; |
– piccola emorragia; |
– guarigione in tempi brevi. |
II^ grado (moderato): |
– entità del danno variabile; |
– rottura parziale; |
– significativa perdita funzionale precoce. |
III^ grado (severo): |
– rottura completa; |
– occorre aspirare l’ematoma; |
– può essere necessario l’intervento chirurgico |
3. contusione (lieve – moderata – severa) |
Tabella 2. Classificazione delle lesioni muscolari, secondo Reid, 1992. Muller-Wolfart (1992), distingue diversi gradi di lesione, a seconda dell’unità strutturale interessata:
Secondo questo Autore, la differenza fra stiramento e strappo sarebbe di tipo qualitativo e non quantitativo; in pratica, nello stiramento non c’è mai rottura, anche se piccola, di fibre muscolari. Come si può notare, nelle proposte di classificazione che sono citate a puro titolo esemplificativo, gli elementi differenziali sono costituiti da alterazioni anatomo-patologiche ben definite. Le terminologie utilizzate hanno per lo più significati analoghi, e in tutte le classificazioni, vengono definiti gradi crescenti di gravità delle lesioni. A questo punto si propone una classificazione che ha la pretesa di essere chiara, pratica e semplice, e che al tempo stesso, tenga conto dei vari contributi presenti in letteratura. La classificazione perciò proposta distingue i traumi muscolari che originano da un meccanismo indiretto, in cinque livelli di gravità che vengono definiti:
I criteri adottati per distinguere i cinque livelli di gravità sono contemporaneamente di ordine anamnestico, sintomatologico ed anatomo-patologico.
La distinzione in gradi viene riferita alla quantità di tessuto muscolare lacerato (criterio anatomo-patologico) e comprende: • strappo di I grado: lacerazione di poche miofibrille all’interno di un fascio muscolare, ma non dell’intero fascio;
È importante sottolineare che, sul piano clinico, il confine tra stiramento e strappo muscolare di I grado è molto sfumato, specialmente in fase precoce, quando un eventuale stravaso ematico può non risultare ancora evidente. In tal caso, come si vedrà in seguito, la diagnosi deve fondarsi, oltre che sulle caratteristiche cliniche della lesione anche sulle risultanze dell’indagine ecografica, eseguita dopo 48-72 ore dal momento del trauma. È altresì importante sottolineare che la distinzione in tre gradi di gravità degli strappi muscolari non può essere che arbitraria, data la difficoltà pratica di quantizzare l’entità della lesione.
Per semplicità vengono utilizzati solo tre gradi di gravità, ed il criterio adottato in questa circostanza, può essere definito come anatomo-patologico-funzionale. Infatti, l’entità dello strappo di primo grado può essere facilmente apprezzata mediante l’ecografia, così come la rottura muscolare completa risulta facilmente identificabile. I problemi sorgono quando è necessario stabilire la gravità di una lesione “intermedia” che coinvolge più di un solo fascio muscolare, ma meno dell’intero muscolo. In questo caso si adotta un criterio definito anatomo-patologico-funzionale, che identifica lo strappo di secondo grado, come una lesione che coinvolge più di un solo fascio muscolare ma meno dei 3/4 dell’intera superficie di sezione anatomica del muscolo. Ciò significa che, nonostante la lesione, una buona parte del muscolo è ancora integra, il deficit funzionale è presente, ma non assoluto, ed il processo di guarigione può avvenire nell’ambito di un tessuto la cui funzionalità non è completamente compromessa.
D’altra parte, quando il danno anatomico coinvolge approssimativamente più dei 3/4 della superficie di sezione anatomica del muscolo, la lesione è sicuramente imponente, il deficit funzionale è praticamente assoluto ed il processo di guarigione si deve instaurare nell’ambito di un tessuto la cui funzionalità è da considerarsi completamente compromessa. È interessante notare a questo proposito che è stato dimostrato che quando la lesione muscolare si estende per più del 50% della superficie di sezione anatomica, la riparazione avviene in non meno di 5 settimane (Pomeranz, 1993). È chiaro che l’entità della lesione, cioè la distinzione tra strappo di primo, secondo o terzo grado, può essere stabilita con buona approssimazione, solo grazie all’indagine ecografica.
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